Stavo per ammalarmi,
ho lasciato la terra,
li ho lasciati,
barbari!
Viaggio a ritroso,
forse nel tempo,
per raggiungere mondi senza scansioni,
senza battiti discreti di un onnivoro cuore pulsante,
dove nessuno sappia "quale anima possiede" e con quali bordure,
dove la vita sia le parti senza un tutto...
(dal diario di bordo di un viaggiatore).

Dice il poeta:
"Solo l'arte è utile. Fede, eserciti, imperi, atteggiamenti: tutto passa. Solo l'arte resta, per questo l'arte si vede: perché dura"

Occasionalmente la vita imporporata dallo scandalo della propria nudità pare che implori pietosi, caritatevoli occultatori del senso perché ne agevolino il desiderio di alleviamento, di finzione, di scomparire e di appartenerci dal di dentro.
Col passo sorgivo ed insieme esperto di chi si osa viaggiatore dell'inconsistenza Roberto De Caro taglia via con l'impulso del rapitore lembi di vita fluttuante per sottrarli allo sguardo di chi sa.
Brani di vita rapita, invaginata in fasce delicate, amorevoli, che ne raccolgano i tratti, ne curino le ferite, ne preservino il luccichio delle forme, ne proteggano il mistero di silenziose preghiere, ne ricompongano i fermenti.
Fasce a maglia larga perché proteggano e non trattengano. Lasciando libero il flusso dell'intravisto, perché dalle fasce riappaia qualcosa: guizzi fuggitivi alla ricerca di una possibilità.
Qui qualcosa che nutre, lì qualcosa che gode, e ancora qualcosa o qualcuno che guarda. Poi onde, onde del mare, onde della terra, le onde del reciproco, il gocciolio dell'esistere, le maree dell'umano, qualcosa che resiste all'appetito del videogioco che è in noi.

Paolo Schettino (2002)

 

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© Roberto De Caro 2000

 

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